Archivio Cavellini
Archivio Cavellini
“E’ nel 1971 che conia il termine di “autostoricizzazione”, che era stato preceduto, nel 1968, da un’opera – “Che fare?” – dove GAC si era sostituito a Lenin nel frontespizio di un’edizione Einaudi del famoso libro, allora, tra l’altro, tra i best-seller della contestazione giovanile. Il ragionamento è semplice, molto diretto e quasi didascalico: l’aspirazione dell’artista è quella di entrare nella storia, per entrare nella storia bisogna ricevere il riconoscimento del mondo dell’arte, per avere questo riconoscimento oggi è necessario e sufficiente che i mass media si occupino del personaggio, se questi mass media sono controllati da un sistema vecchio non resta che costruirsene altri, creare nuove vie di comunicazione. In questo atteggiamento di GAC si possono riconoscere aspetti “antichi” del rapporto tra l’artista e il mondo, e altri modernissimi: da un lato, infatti, la pena e l’angoscia esistenziale di chi, artista, si vede emarginato dal mondo e addirittura dal proprio mondo, dall’altro, la coscienza di dover conoscere, svelare, utilizzare e piegare a proprio vantaggio i meccanismi del sistema dell’arte. E’ questo secondo aspetto che fa di GAC un anticipatore di molti fenomeni, esplosi in maniera più massificata e probabilmente più cosciente anche alla fine degli anni Ottanta, e non solo in Italia.
La creazione e l’utilizzo di nuovi strumenti di comunicazione (nuovi non tecnicamente, ma nuovi perché “corsari”, non legati a nessun pregiudizio che non sia il nostro) deve essere preceduto, secondo la buona tradizione dell’avanguardia, da una specie di dichiarazione d’intenti, e questa non è altro che quella “autostoricizzazione” che GAC porta avanti dal 1971, e che comincia con una serie di “manifesti del centenario”, cioè dei manifesti dei più grandi musei del mondo che, nell’anno 2014, si apprestano a festeggiare il centenario cavelliniano. La mostra non c’è: anzi, la mostra è il manifesto della mostra. Bastano cioè i segni esteriori dell’evento perché l’evento sussista, così come per Umberto Eco è sufficiente parlare il lunedì del campionato di calcio perché questo esista, anche se le partite non sono state disputate…”
Dalla “Enciclopedia Personale” di Marco Meneguzzo